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martedì 31 agosto 2021

 Il palazzo di Marino Marzano a Carinola nelle foto in bianco e nero dei primi anni 80 del fotografo tedesco Max Hutzel ed il progetto di recupero e restauro

Vicende storico-costruttive
Il palazzo Marzano è una delle architetture storiche più interessanti di Carinola, soprattutto per la sua corte di accesso al primo piano, di matrice catalana. Noto anche come “casa Martullo”, in riferimento agli ultimi proprietari in ordine di tempo, oggi è proprietà del comune di Carinola: citato dalle fonti storiche come abitazione, in origine era probabilmente più esteso, arrivando ad occupare l’intero isolato.
L’origine di questa importante struttura è senz’altro riferibile ai canoni dell’architettura catalana, importata in Campania nel corso del XV secolo. Taluni ne ascrivono, infatti, la realizzazione alla mano diretta di Guillermo Sagrera (l’architetto maiorchino che progettò la straordinaria volta stellare del Castel Nuovo di Napoli); molto più probabilmente si è trattato di suoi assistenti, che ne hanno proposto in chiave locale le buone prassi, istruendo le maestranze di Terra di Lavoro. Questa, la tesi di Riccardo Filangieri, che ha attributo al Sagrera il progetto e ai suoi collaboratori l’esecuzione del palazzo. Un altro studioso soffermatosi sulla figura del Sagrera, lo spagnolo Gabriel Alomar, ha attribuito invece a Jaume, figlio e rigoroso seguace del maestro catalano – tra i continuatori della sua opera nel cantiere di Castel Nuovo – anche l’ideazione del Palazzo Marzano. Questa tesi, però, non trova riscontri.
La presenza a Carinola di artefici catalani fu favorita da Marino Marzano – genero di Alfonso V d’Aragona – e lasciò tracce anche a Sessa Aurunca e Pontelatone, infeudate dalla sua potente famiglia. La realizzazione di edifici come il Palazzo Marzano e di altri nelle vicinanze, coincise con l’unione tra Marino Marzano ed Eleonora d’Aragona, figlia naturale del Magnanimo, avvenuta nel 1449.
Le cruente vicende successive videro il Marzano scagliarsi contro il cognato Ferrante e subire la perdita dei beni e la morte. I contrasti esplosero alla morte di Alfonso (1458) e all’ascesa al trono del figlio naturale. Sempre il Filangieri ha fissato al 1458 il limite estremo dei lavori sul Palazzo Marzano, inducendo a ritenere che lo stesso fosse rimasto incompiuto e che il suo ampliamento fosse avvenuto in un periodo successivo alla dominazione aragonese.
La casa a corte ricorre nel patrimonio edilizio di Carinola in diverse configurazioni, offrendo testimonianze sia negli episodi più rilevanti sia in quelli meno noti ma altrettanto interessanti sotto il profilo tipologico e formale. La corte era condivisa da diversi nuclei familiari e sfruttava l’orientamento, la massa termica delle strutture e la disposizione delle aperture per creare condizioni di abitabilità accettabili e occasioni di condivisione dei servizi. Si basava su uno schema che comprendeva l’androne e una scala posta su di un lato per l’accesso al piano superiore, preceduto da una loggia; nei casi più complessi, era arricchita dalla presenza del giardino.
L’edificio presenta una pianta quadrangolare leggermente irregolare, chiusa su due lati da altre strutture, con il corpo di fabbrica (introdotto dalla loggia) articolato intorno alla corte, di modesta superficie (circa 40 metri quadri). La suddetta loggia culmina, in asse all’ingresso, in una scala a “L”, coperta con volte a crociera in corrispondenza della prima rampa, seguite da una volta a botte inclinata nella seconda. Molto interessante è la crociera, costolonata, che sovrasta il pianerottolo tra i due livelli. Denso di interesse è anche il corrimano in tufo, finemente modanato, in piccola parte ricostruito durante i lavori di restauro degli anni trenta del Novecento, che videro impegnati l’architetto Oreste Siviero e il noto soprintendente Gino Chierici. Nel corso dei suddetti lavori fu rimossa anche una seconda scala, realizzata sul tratto parallelo a quella originaria, con lo scopo di disimpegnare le varie proprietà in cui il palazzo fu arbitrariamente suddiviso.
Il piano terra ospita un ambiente aperto su due lati, che introduce alla corte, scandito da un arco a sesto ribassato e coperto da un’ampia volta a crociera. Al di là di esso, attraverso un passaggio un tempo si accedeva ad altri spazi, oggi di proprietà privata. Un ulteriore ambiente dell’originario palazzo è presente sul lato sinistro dell’androne: non più accessibile, perché anch’esso di proprietà privata, ha l’ingresso murato. Il secondo livello ospita, invece, un piccolo ambiente, coperto con un solaio ligneo di recente fattura, nonché l’affaccio alla corte, coperto anch’esso con un solaio ligneo a falda inclinata, introdotto da un arco a sesto ribassato che reca accurate modanature.
Il portale ad arco inflesso bicuspidato, contenente sulla sommità gli stemmi araldici della famiglia Marzano, segna il confine tra gli ambienti di proprietà pubblica e le porzioni di fabbrica private. Sebbene con funzione secondaria, un ulteriore collegamento verticale tra i due livelli è assicurato da una scala spiraliforme in pietra, introdotta da un piccolo e raffinato portale.
Il progetto di restauro
Occasionato dal finanziamento regionale del Piano Operativo Complementare (POC), il progetto di restauro è stato redatto da un raggruppamento temporaneo di tecnici secondo un percorso metodologico che ha previsto: il rilievo strumentale; il rilievo materico e l’analisi del degrado della materia, anche con l’ausilio di moderni strumenti diagnostici; il progetto di nuova distribuzione funzionale; la definizione di interventi di restauro, consolidamento, adeguamento funzionale ed impiantistico; la progettazione di aggiunte tecniche strettamente indispensabili per ragioni conservative, condotte secondo principi di minimizzazione dell’invasività, compatibilità figurale con il contesto, distinguibilità e reversibilità.
Prof. arch. Francesco Miraglia
Dottore di Ricerca in Conservazione dei beni architettonici
Marco Ceci